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Diario di reby89vr

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luglio 2007......
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{ mercoledì 11 luglio 2007 }

E' possibile sapere da dove viene la parola romanesca "appennicarsi"?

Nel significato di 'addormentarsi, specialmente con riferimento al pisolino pomeridiano', la voce dell'italiano regionale laziale e campano appennicarsi svela i suoi debiti rispetto al termine dialettale campano appennecarse e alla base dialettale laziale e marchigiana pennecà, nonché al sostantivo pènneca, sempre d'area mediana, 'sonnellino pomeridiano'. Il diminutivo pennichella 'breve sonnellino pomeridiano' e il più raro pennichetta sono ormai entrati a pieno titolo nella lingua italiana (attestazioni letterarie in Antonio Baldini, Riccardo Bacchelli, Alberto Moravia e via via giù per li rami nella narrativa contemporanea). Scriveva Manfredi Porena, citato in Paolo Zolli, Le parole dialettali, Rizzoli: "Al buon romano piace anche d'inverno schiacciare il suo sonnellino post-prandiale, o, come si diceva e dice ancora, fare una pennichella". Mentre pennichella trova stabile collocazione, ormai, nei dizionari della lingua italiana, appennicarsi sembra ancora fortemente marcato in senso diatopico e non è accolto dai lessicografi. La forma pennecà presuppone un latino parlato *PENDICULARE (derivato da PENDERE) 'essere sospeso, inclinarsi in un verso'. Chi dorme seduto, in effetti, "pende" in avanti o indietro, oppure verso uno dei due lati. La voce allude appunto al movimento declinante e oscillatorio del capo in chi sta per addormentarsi in una posizione poco agevole.

reby89vr - 20:50 - 0 commenti - commentainizio

È vero che le borgate romane di Vitinia e Acilia sono state chiamate così in ep

Il villaggio di Acilia è stato fondato e chiamato così in epoca fascista; Vitinia, insediamento già esistente, si è chiamato in questo modo a partire dagli anni Cinquanta del secolo XX, in sostituzione del precedente toponimo Risàro. Il caso di Vitinia < Risàro è in netta controtendenza rispetto alla sostituzione di polionimi (nomi appartenenti a una serie comprendente varie unità nominali, usate per designare lo stesso concetto o lo stesso oggetto) in -ia, avvenuta dopo il crollo del regime fascista - in particolare nell'immediato dopoguerra - in quanto tale suffisso veniva sentito come fortemente connotato in senso ideologico, una sorta di segnale linguistico di appartenenza al Ventennio. Tale sentire non era immotivato. Mussolini stesso fu il principale onomaturgo di toponimi in -ia. La politica linguistica nazionalistica del fascismo si associò da subito al culto della romanità classica e il suffisso -ia, in virtù della sua forma latineggiante, permetteva di istituire un collegamento ideale proprio con tale romanità. Tra l'altro, a favorire la predilezione per -ia contribuì il fatto che non mancavano nella storia dell'Italia casi di cambiamenti di toponimi, a scopo celebrativo, con adozione di forme terminanti in -ia. Basti pensare a Urbania < Castel Durante (nelle attuali Marche), in onore di papa Urbano VIII (1636) e ad Alessandria in Piemonte (fine XII secolo), in onore di papa Alessandro III. Il prestigio del suffisso doveva essere consolidato se nel 1862 si ebbero Ausonia < Le Fratte (nel frusinate), Aquilonia < Carbonara (in Irpinia); nel 1872 Corneto Tarquinia (poi soltanto Tarquinia dal 1922) < Corneto (nel viterbese); nel 1911 Tuscania < Tuscanella (sempre nel viterbese). Dal 1925, cioè a partire dal consolidamento del regime fascista, tre circostanze favorirono la proliferazione di polionimi in -ia: l'aggregazione di due o più comuni in uno, sotto la spinta dell'autorità autocratica del podestà, con frequente cambiamento della denominazione; la nascita di nuovi centri abitati, assegnatari di un nuovo nome; l'avvio di una politica linguistica avversa all'alloglossia, anche in campo toponomastico, e la concomitante predilezione per soluzioni sostitutive magniloquenti.
Il primo polionimo con terminazione in -ia nato agli albori dell'era fascista (1923) fu Imperia, che designò gli abitati di Porto Maurizio e di Oneglia, riuniti per via amministrativa. Anche se la scelta fu determinata da ragioni legate alla topografia, in quanto i due insediamenti originari erano divisi dal torrente Impero, certamente essa fu coonestata dall'alone di prestigio avvertito nel suffisso.
Ecco un doppio elenco dei principali polionimi in -ia adottati dal regime fascista: nel primo sono compresi i polionimi che sostituiscono denominazioni precedenti o intervengono per nominare ex novo comuni nati dall'aggregazione di abitati prima separati; il secondo include nomi creati per designare centri abitati nuovi.
1. Adelfia < Canneto e Montrone (Bari); Vibo Valentia < Monteleone di Calabria; Corridonia (dal nome di Filippo Corridoni, 1888-1915, sindacalista sostenitore dell'interventismo rivoluzionario, annesso dal fascismo alla schiera dei propri padri spirituali) < Pausula (Macerata); Dovia d'Aosta < Doues (Valle d'Aosta); Porta Littoria < La Thuile (Valle d'Aosta); Cervinia < Valtournanche; Apuania < Carrara, Massa e Montignoso (Toscana); Ischia, per designare tutti i comuni dell'isola; Nettunia < Anzio e Nettuno (Lazio); Olbia < Terranova Pausania; Verbania < Intra e Pallanza (Piemonte); Tavullia < Tomba di Pesaro; Nova Feltria < Mercatino Marecchia (Pesaro); Ionia < Giarre e Riposto.
2. Mussolinia (Sardegna; primo centro abitato edificato dal regime fascista, 1928); Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia, Pomezia (Lazio; centri nati nell'ambito della bonifica dell'Agro pontino); Fertilia e Carbonia (Sardegna); Arsia (Istria); Guidonia (Roma, nata e nominata per celebrare il pilota d'aviazione Alessandro Guidoni); Tirrenia (Pisa).
Il ristabilimento della democrazia in Italia comportò una tendenziale restaurazione dei toponimi pre-fascisti o una loro modifica formale: Mussolinia > Arborea; Littoria > Latina; Ionia > Giarre-Riposto e poi Giarre e Riposto; Apuania > Massa e Carrara; Dovia d'Aosta > Doues; Porta Littoria > La Thuile.
Le difficoltà insite nel percorso burocratico da compiere per modificare i toponimi, cui va aggiunto il rispetto delle nuove amministrazioni comunali per il legame affettivo creatosi tra gli abitanti e il nome (pur di conio fascista) della loro città, spiegano perché in molti altri casi dal toponimo fascista non si sia fatto recesso. In ogni caso, a parte rarissime eccezioni - Vitinia; Sportilia nella Valle d'Aosta - il suffisso -ia non si è mostrato più produttivo nella toponomastica.

reby89vr - 20:48 - 0 commenti - commentainizio

Perché una donna in attesa di un bimbo è «incinta», qual è l'etimologia della parola?

L'aggettivo italiano incinta è largamente usato per indicare la condizione di una donna che è in stato di gravidanza ed ha le sue prime attestazioni già nel XIII secolo, in particolare, si può ricordare il seguente passo di Jacopone da Todi, citato anche dalla Crusca e dal Tommaseo: «Spirito Santo, amor sommo e paterno, / riempié lei del suo santo governo: / incinta si trovò la pulzelletta». L'etimologia della parola ci porta al latino medievale incincta che, a sua volta, deve considerarsi un rifacimento paretimologico del latino classico inciens -entis «gravida», sul modello del participio passato di incingĕre «recingere»; tale accostamento è motivato da Isidoro di Siviglia, nelle Etimologie, attribuendo al prefisso in- un valore negativo (incincta equivarrebbe quindi a non cincta) e alludendo così al fatto che le donne gravide non fossero use portare cintura («incincta, id est sine cinctu; quia praecingi fortiter uterus non permittit»). Non infrequente, infine, nella scrittura poetica, è l'uso di sostantivare l'aggettivo, come, per esempio, ci mostra il Parini nei versi dell'ode Alla Musa dedicati a Giunone: «Scenderà in tanto dall'eterea mole / Giuno, che i preghi de le incinte ascolta».

reby89vr - 20:43 - 0 commenti - commentainizio

Perché si dice "è finita la pacchia" quando le cose si mettono male?

Il termine pacchia è un deverbale di pacchiare, «mangiare con ingordigia», usato per indicare una condizione di vita facile e spensierata. L’etimo di pacchiare è incerto, anche se molto probabile è un'origine onomatopeica da collegarsi ad alcune voci dialettali di area settentrionale (il veneto paciar «muovere le mascelle», il milanese pacià e il piemontese pacè «mangiare abbondantemente e con avidità»). L’espressione familiare «è finita la pacchia», quindi, indica la cessazione, provocata da accadimenti negativi e non voluti, di una condizione di vita favorevole e senza problemi, soprattutto materiali, e l’inizio di una condizione meno fortunata in cui non si può far a meno di faticare ed avere preoccupazioni.

reby89vr - 20:42 - 0 commenti - commentainizio

Che cos'è un matrimonio morganatico e da cosa deriva questa espressione?

L'aggettivo italiano morganatico deriva dal latino medievale morganaticus che, a sua volta, deriva da morganatus, adattamento del tedesco antico morgangeba, corrispondente al tedesco moderno Morgengabe, composto di Morgen "mattina" e Gabe "dono". Con il termine Morgengabe si indica un istituto dell'antico diritto germanico consistente nel dono che il marito faceva alla sposa la mattina successiva alla prima notte di nozze davanti ai parenti, per attestare l'onorabilità della moglie e per sanzionare le nozze. Da questo istituto germanico discende il nostro matrimonio morganatico ovvero una forma di matrimonio, risalente all'età feudale, in cui il marito, con la donazione morganatica e con un patto successivo, regolava i rapporti con la seconda moglie e con gli eventuali figli a cui non sarebbe spettato nessun diritto sulla sostanza del marito e padre. In età moderna, il matrimonio morganatico, applicato soltanto all'alta nobiltà e alle famiglie regnanti, regola l'unione tra un nobile e una donna di condizione inferiore, in cui la moglie e i figli non hanno diritto alla successione dinastica, né all'eredità del patrimonio.

reby89vr - 20:41 - 0 commenti - commentainizio

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