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Diario di tetikali: ottobre 2008

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{ mercoledì 1 ottobre 2008 }

Un libro semplice....

Il racconto di Giacomo Fusini (Parte I)

Non mi piace perdere tempo, vengo al punto, sono io l'assassino.

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Non mi piacciono le storie dove bisogna arrivare a poche parole dalla fine per scoprire chi è l'assassino, che certamente non è il maggiordomo. Sto solamente giocando, non sono io l'assassino e questa storia non parla di omicidi.

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Forse

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Il mese scorso arrivò un uomo da me. Era pomeriggio. Toc toc. Le mie attività smisero di colpo.
Nessuno ha bussato alla mia porta da quando… da tanto tempo, ma quel giorno la mimosa alla porta fu cambiata; la porta risuonò come un bacio in una chiesa.
Fui io a cercare l'isolamento. Andai ad aprire. L'uomo mi si buttò fra le braccia. Era stremato. Dopo un tè ci riprendemmo entrambi: lui dal viaggio ed io dalla sorpresa.
Si alzò, lentamente, deciso. "Devi sapere -cominciò- perché sono arrivato da te".
Una tempesta di domande cominciò a sbattere nella testa come migliaia di palline, sdeng sdeng, ding sdung...

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Chiara tirò su la testa, erano le sei del pomeriggio.
Da qualche anno era riuscita a trovare un po' di equilibrio nella vita, con l'esercizio della regolarità e della puntualità. aaaaaErano le sei ed era l'ora per prepararsi ad uscire. Di lì a tre quarti d'ora si sarebbe trovata davanti al fruttivendolo, ad aspettare la sua amica e da lì, a fare la spesa. In quel periodo andava di moda farla la sera.
Saskia arrivò puntuale.
"Ho cominciato finalmente. La verità è che... avrei dovuto iniziarlo già da tempo. L'altra notte l’ho sognato ancora e oggi, alle due, mi sono messa davanti al computer. Sai a che ora ho cominciato?!”
Saskia scosse la testa, non aveva certo idea, che ne sapeva di cosa combinasse Chiara, da sola, in casa.
"Dopo le cinque. Ti rendi conto! Alle cinque passate"
"Ah" esordì un po' sorda Saskia.
"Dimmi" fece Chiara con tono di chi ha un'idea di ciò che sta per udire.
"Simo sarà al Serendipiti verso le otto e mezzo -aspettava che incamerasse le parole- m’ ha chiesto se l'avremmo raggiunta".
“Ehm… no. Sa’, scusami. Lo sai che non esco la sera, fino al venerdì."
"Spero che il tuo sogno si realizzi, così, magari… ti passa. Sei diventata insopportabile. Cerca almeno di non farlo pesare agli altri". aaaaaSaskia s'avvicinò, Saskia la baciò con dolce severità, Saskia se n'andò. aaaaaRimaneva da prendere l'insalata, i biscotti... quasi tutto.

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"Quand'ero ragazzo feci un sogno.
Mi trovavo ad un ricevimento di matrimonio. La casa, che peraltro è riconoscibile nella realtà, come molte delle facce che vidi, compreso lo sposo, era pericolante e infatti, mi stupii del fatto che vi fosse un tale movimento. Ricordo che i nonni dello sposo abitavano nella stessa via.
Ad un certo punto la sposa sparì. Ero l'unico ad averla vista andare via. Aveva preso la scala per la cantina.
Da piccolo ero terrorizzato da quelle scale ed ugualmente attratto: mi offrii di andarla a chiamare. Mi reputavo l'unico in grado. Il punto della casa era crollato e Mi avventurai con cautela fra le macerie.
Lo sposo era preoccupato ma tornò dagli ospiti.
La discesa sembrò non finire più e quando giunsi nell'oscurità, una lampada ad olio si accese. Un pastore maremmano era incastrato e mi confessò d'esserlo da tempo. Era una sorta di licantropo e nonostante quello che era accaduto di sopra, era lo sposo stesso.
Sapeva dove fosse la sposa. Io aiutai lui e lui mi portò fino alla cantina. Era stata divisa in due. Rimaneva di qua, qualcosa come un pianerottolo: a destra i vestiti della sposa; a sinistra un lettino, malconcio, con una coperta rimediata, dove sotto tremava la sposa. Portava una veste ricavata dallo stesso materiale della coperta. Si alzò, mi porse un vecchio libro, stretto e lungo, risalente al 1600 circa. Libro di versi, dalla copertina semidistrutta, dall’ appena leggibile autore: “Xavier”. La sposa mi fece intendere che mi stava attendendo da almeno 200 anni".
L'uomo fece una breve pausa per bere un sorso di tè che avevo di nuovo versato nel bicchiere. Poi
"... mi svegliai confuso. Cercai sui libri notizie sulla letteratura del ‘600. Non sapevo l'origine del nome e la reputai francese piuttosto che inglese ma... niente. Non trovai niente su questo nome.
Il tempo passò, gli studi finirono presto e i lavori si susseguirono improvvisamente, con troppa confusione, per il mio carattere. Alla fine mi dimenticai del nome e del sogno.
Dopo diversi anni rimasi a bocca aperta: mi ricordai di aver letto, settimane prima, un nome curioso: Xavier. Mi tornò in mente tutto, la sposa, il cane, il nome, la casa, tutto il sogno. Da allora cominciai a sentirlo e leggerlo continuamente su riviste, film, nomi di personaggi…"

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Aveva mal di testa, Chiara, salvò il documento e si preparò un fumento al mentolo-f#######o. Non aveva raffreddore ma le faceva bene. Il fumento aveva su Chiara un effetto rilassante.
Si fece una sigaretta e l'appoggiò accanto alla tastiera, con la lentezza di un gesto sacro. Era un vero e proprio rituale; l'avrebbe fumata dopo un caffè.
"Orfana sigaretta senza caffè e il caffè inorridisce come padre, davanti ad un figlio degenero" le diceva sempre. Pensò a lui, alla sua forma di geniale follia, all'eredità che le aveva lasciato.
"Hai un modo di scrivere che mi fa impazzire, poetico a prescindere"
Rifletté. Rifletté e non trovava niente del genere, nella sua scrittura, da anni. Fumò avidamente.

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"Diventò una vera ossessione, a tratti mi sentivo libero ma in altri... non avevo altro in testa che il sogno, il letto, la sposa-Xavier... Era normale, in un attimo di ironia, che esclamassi

"chi era costui!"

con un sorrisetto. Non riuscivo a farne a meno. Ebbi qualche tempo di pace, un incidente di macchina. I dottori mi dissero che non ero in coma, ma che ero caduto in preda ad un sonno profondo. Il mio corpo si rifiutava di reagire. In fondo sapevo che, reagendo, il tormento si sarebbe diffuso come una peste. Mi risvegliai dopo aver fatto un sogno, ancora più tremendo".

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In un lampo, se non si fosse distratta, il mal di testa sarebbe tornato. Qualcosa s'era bloccato.
"Forse non ci riesco... Saskia! Scusami. Avevi ragione, meno male che eravate ancora qui. Mi ci voleva."
"Senti, come va con la tua missione?"
"Un po'... troppo... a rilento!"
"Ora stammi a sentire, hai preso una settimana di ferie, ci hai sobbarcate di lavoro e tu che fai? Vai a rilento?! Vedi disbrigarti. Il capo dice che sei in gamba, ma c'è aria di licenziamenti... stai attenta. Davvero. Se perdi questo lavoro potrebbe essere alquanto tragico per te".
"Hai pienamente ragione. È che la storia mi si ingarbuglia fra le mani. Ogni momento! Non sono all'altezza; è proprio una dura eredità!"
"Fattelo dire, io non l'ho conosciuto, il tuo amico, ma credimi, da quello che mi hai raccontato, era complicato forte... Ma in che razza di guaio ti sei cacciata! Era un po' che riuscivi a starne fuori. Ehi! dove guardi? Te ne rendi conto o no che è morto!? Qualsiasi cosa tu faccia, lui è morto, non gli cambia niente... se lo sai... Chiara... Chiara?!"
"Si... hai ragione, smuah!, ciao!"

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"Devi sapere perché sono qui. Io sono l'unico ritornato da una terra che non ha ritorno".

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Avrebbe voluto inserire nella storia anche la vicenda di un'altra follia dell'amico scomparso.
L'uomo sarebbe arrivato sconvolto da un'isola, da un'isola da cui non c'è ritorno. E lì avrebbe fatto ritorno giacché non sopportava più la vita di questo mondo...

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