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All’Automobile da corsa

Veemente dio d’una razza d’acciaio,
Automobile ebbra di spazio,
che scalpiti e fremi d’angoscia
rodendo il morso con striduli denti
Formidabile mostro giapponese,
dagli occhi di fucina,
nutrito di fiamma
e d’olî minerali,
avido d’orizzonti, di prede siderali
Io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente,
scateno i tuoi giganteschi pneumatici,
per la danza che tu sai danzare
via per le bianche strade di tutto il mondo!
Allento finalmente
le tue metalliche redini,
e tu con voluttà ti slanci
nell’Infinito liberatore!
All’abbaiare della tua grande voce
ecco il sol che tramonta inseguirti veloce
accelerando il suo sanguinolento
palpito, all’orizzonte
Guarda, come galoppa, in fondo ai boschi, laggiù!
Che importa, mio dèmone bello?
Io sono in tua balìa! Prendimi! Prendimi!
Sulla terra assordata, benché tutta vibri
d’echi loquaci;
sotto il cielo accecato, benché folto di stelle,
io vado esasperando la mia febbre
ed il mio desiderio,
scudisciandoli a gran colpi di spada.
E a quando a quando alzo il capo
per sentirmi sul collo
in soffice stretta le braccia
folli del vento, vellutate e freschissime

Sono tue quelle braccia ammalianti e lontane
che mi attirano, e il vento
non è che il tuo alito d’abisso,
o Infinito senza fondo che con gioia m’assorbi!
Ah! ah! vedo a un tratto mulini
neri, dinoccolati,
che sembran correr su l’ali
di tela vertebrata
come su gambe prolisse

Ora le montagne già stanno per gettare
sulla mia fuga mantelli di sonnolenta frescura,
là, a quel sinistro svolto
Montagne! Mammut in mostruosa mandra,
che pesanti trottate, inarcando
le vostre immense groppe,
eccovi superate, eccovi avvolte
dalla grigia matassa delle nebbie!
E odo il vago echeggiante rumore
che sulle strade stampano
i favolosi stivali da sette leghe
dei vostri piedi colossali

O montagne dai freschi mantelli turchini!
O bei fiumi che respirate
beatamente al chiaro di luna!
O tenebrose pianure! Io vi sorpasso a galoppo!
Su questo mio mostro impazzito!
Stelle! mie stelle! l’udite
il precipitar dei suoi passi?
Udite voi la sua voce, cui la collera spacca
la sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia
e il tuonar de’ suoi ferrei polmoni
crrrrollanti a prrrrecipizio
interrrrrminabilmente?

Accetto la sfida, o mie stelle!
Più presto! Ancora più presto!
E senza posa, né riposo!
Molla i freni! Non puoi?
Schiàntali, dunque,
che il polso del motore centuplichi i suoi slanci!

Urrà! Non più contatti con questa terra immonda!
Io me ne stacco alfine, ed agilmente volo
sull’inebbriante fiume degli astri
che si gonfia in piena nel gran letto celeste!

Filippo Tommaso Marinetti

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La sera fiesolana

Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscìo che fan le foglie
del gelso ne la man di chi le coglie
silenzioso e ancor s'attarda a l'opra lenta
su l'alta scala che s'annera
contro il fusto che s'inargenta
con le sue rame spoglie
mentre la Luna è prossima a le soglie
cerule e par che innanzi a sè distenda un velo
ove il nostro sogno giace
e par che la campagna già si senta
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.
Laudata sii pel tuo viso di perla,
o Sera, e pe'; tuoi grandi umidi occhi ove si tace
l'acqua del cielo!
Dolci le mie parole ne la sera
ti sien come la pioggia che bruiva
tepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso de la primavera,
su i gelsi e su gli olmi e su le viti
e su i pinidai novelli rosei diti
che giocano con l'aura che si perde,
e su 'l grano che non è biondo ancora
e non è verde,
e su 'l fieno che già patì la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santità pallidi i clivi
e sorridenti.
Laudata sii per le tue vesti aulenti,
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora!
Io ti dirò verso quali reami
d'amor ci chiami il fiume, le cui fonti
eterne a l'ombra de gli antichi rami
parlano nel mistero sacro dei monti;
e ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s'incurvino come labbra che un divieto
chiuda, e perché la volontà di dire
le faccia belle
oltre ogni uman desire
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l'anima le possa amare
d'amor più forte.
Laudata sii per la tua pura morte,
o Sera, e per l'attesa che in te fa palpitare
le prime stelle!

Gabriele D'Annunzio

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La notte lava la mente


Poco dopo si è qui come sai bene,
fila d'anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.

Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.

Mario Luzi - tratto da Onore del vero

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I fiori vengono in dono e poi si dilatano


I fiori vengono in dono e poi si dilatano
una sorveglianza acuta li silenzia
non stancarsi mai dei doni.

Il mondo è un dente strappato
non chiedetemi perché
io oggi abbia tanti anni
la pioggia è sterile.

Puntando ai semi distrutti
eri l'unione appassita che cercavo
rubare il cuore d'un altro per poi servirsene.

La speranza è un danno forse definitivo
le monete risuonano crude nel marmo
della mano.

Convincevo il mostro ad appartarsi
nelle stanze pulite d'un albergo immaginario
v'erano nei boschi piccole vipere imbalsamate.

Mi truccai a prete della poesia
ma ero morta alla vita
le viscere che si perdono
in un tafferuglio
ne muori spazzato via dalla scienza.

Il mondo è sottile e piano:
pochi elefanti vi girano, ottusi.

Amelia Rosselli - tratto da Documenti

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Res amissa


Non ne trovo traccia.

.....

Venne da me apposta
(di questo sono certo)
per farmene dono.

...

Non ne trovo più traccia.

...

Rivedo nell'abbandono
del giorno l'esile faccia
biancoflautata...

La manica
in trina...

La grazia,
cosi dolce e allemanica
nel porgere...

...
...

Un vento
d'urto - un'aria
quasi silicea agghiaccia
ora la stanza...

(E' lama
di coltello?

Tormento
oltre il vetro ed il legno
- serrato - dell'imposta?)

...
...

Non ne scorgo più segno.
Più traccia.

...
...

Chiedo
alla morgana...

Rivedo
esile l'esile faccia
flautoscomparsa...

Schiude
- remota - l'albeggiante bocca,
ma non parla.

(Non puo'
- niente può - dar risposta.)

...
...

Non spero più di trovarla.

...

L'ho troppo gelosamente
(irrecuperabilmente) riposta.

Giorgio Caproni - tratto da Res amissa

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