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Le altezze


Questa pianta del ciel che nutre i mondi,
come frutti dall'albero pendenti,
lascia, nel muover dell'eteree frondi,
altre ampiezze ammirar di firmamenti:
sovra quelle altri cieli ancor più fondi,
dalle cui cime, in ruota immensa ardenti,
veggonsi i soli giu', come nascosa
lucciola in siepe bruna, o ape in rosa

Niccolo' Tommaseo

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Non chiederci la parola

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Eugenio Montale

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Va per la selva bruna


Va per la selva bruna
solingo il trovator
domato dal rigor
della fortuna.

La faccia sua si bella
la disfioro' il dolor;
la voce del cantor
non è più quella.

Ardea nel suo segreto;
e i voti, i lai, l'ardor
alla canzon d'amor
fido' indiscreto.

Dal ta'lamo inaccesso
udillo il suo signor:
l'impro'vvido cantor
tradi se stesso.

Pei di del giovinetto
tremo' alla donna il cor
ignara fino allor
di tanto affetto.

E su'pplice al geloso,
ne contenea il furor:
bella del proprio onor
piacque allo sposo.

Rise l'ingenua. Blando
l'accarezzo' il signor;
ma il giovin trovator
cacciato è in bando.

De' cari occhi fatali
più non vedrà il fulgor,
non berrà più da lor
l'oblio de' mali.

Varco' quegli atri muto
ch'ei rallegrava ognor
con gl'inni del valor,
col suo liuto.

Scese, varco' le porte,
stette, guardolle ancor:
e gli scoppiava il cor
come per morte.

Venne alla selva bruna:
quivi erra il trovator,
fuggendo ogni chiaror
fuor che la luna.

La guancia sua si bella
più non somiglia a un fior;
la voce del cantor
non è più quella.

Giovanni Berchet

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Io son da l'aspettar omai si stanca


Io son da l'aspettar omai si stanca,
si vinta dal dolor e dal disio,
per la si poca fede e molto oblio
di chi del suo tornar, lassa, mi manca,
che lei, che 'l mondo impalidisce e 'mbianca
con la sua falce e dà l'ultimo fio,
chiamo talor per refrigerio mio,
si 'l dolor nel mio petto si rinfranca.
Ed ella si fa sorda al mio chiamare,
schernendo i miei pensier fallaci e folli,
come sta sordo anch'egli al suo tornare.
Cosi col pianto, ond'ho gli occhi miei molli,
fo pietose quest'onde e questo mare;
ed ei si vive lieto ne' suoi colli.

Gaspara Stampa - tratto da Rime

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Allegria di naufragi

E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare

Giuseppe Ungaretti

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