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categoria: Poesie

CARNEVALE

Con la sua euforia
una ventata d'allegria
per i grandi e piccini
è il più bizzarro che ci sia
Coriandoli stelle filanti
rendono allegorici
i carri animati!
Carnevale pazzarello
porta in mano
un fiascherello
vino rosso
di castello!
Mangia salsicce
a più non posso
non guarda la pancia
e salta il fosso..
sorridente e pazzo
salta come un grillo
dal.. materasso
è carnevale!
un po burlone
allevia le pene
portando il buon'umore!

EGIZIA RUSSO

segnalata da egizia giovedì 7 febbraio 2013

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categoria: Poesie

Alchimia

Vorrei donarti la pietra filosofale
contro ogni malessere...
vorrei donarti l'immortalità,
perché da quando ti ho conosciuta sono rinato...
vorrei donarti l'onniscenza,
dote con la quale scinderesti passato e futuro
separando fra di loro il bene e il male
Vorrei donarti oro quante sono le tue doti umane...
e noi due siamo in eguale maniera,
il fuoco che ci scorre come l'acqua...
e ovunque ci troviamo
cielo e terra capovolti come capriole
e abbiamo prospettive identiche da realizzare...
Coi poteri dell'alchimia,
saresti una creatura elevata,
e io ti parlerei in tutte le lingue del mondo
e io ti parlerei coi simboli metallurgici,
ti parlerei coi simboli matematici,
ti parlerei coi simboli chimici,
ti parlerei coi simboli astrologici
ti direi di noi pianeti
io sole e tu luna
oppure ti direi che siamo
yin e yang...
ti parlerei come il serpente ourobors,
che si mangia la coda,
ricorre spesso nelle raffigurazioni delle opere alchemiche
in quanto simbolo di ciclicità del tempo...
e dell'uno il tutto... ( insieme e fusione )
ed in fine ti parlerei come la fenice,
e ti direi : " Senza di te, nulla si crea, nulla si distrugge !"

Fabio Mc Steel - tratto da Anima Universale

segnalata da Fabio Mc Steel sabato 21 febbraio 2015

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categoria: Poesie

RICORDO DI UN AUTUNNO LONTANO

nel mio grembiule bianco
con un bel fiocco azzurro
posizionato sotto il mio mento,
la mia cartella colorata,
zompettavo sulle foglie cadenti
di un autunno lontano.
Amavo quel manto colorato e umido,
immergevo i miei piedi trascinando le foglie fruscianti
ed ecco venirmi incontro, le mie compagne delle elementari
sorrideva la nostra innocenza davanti la scuola,
corremmo al vicino negozio a comperare
cartocci di farina di castagne!
Profumo e gradimento di questa dolcezza
che sulla lingua diventava poltiglia,
bambine felici che si recavano a scuola
sotto gli umori autunnali,
mentre i maschi ci seguivano tirandoci le foglie morte.
E li cominciava la guerra con le foglie, tra risa e farina dolce
al suono della campanella entravamo in classe
accaldati, con le guance rosse, la bocca sporca di farina
e pezzetti di foglie secche tra i capelli.
Oggi in questo tempo infausto,
non si mangia piu per la strada, fuori la scuola
i bambini non conoscono la farina di castagne
vengono accompagnati dai loro genitori,
fermi come statue, timorosi, intimiditi
vediamo solo i loro occhi tristi...mentre una mascherina
gli copre la bocca e il naso.

DANIELA CESTA

segnalata da DANIELA CESTA martedì 27 ottobre 2020

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categoria: Aforismi » comportamento

l'incanto di un incontro

Camminavo a testa bassa nel bosco
sotto un cielo grigio pesante e chiuso,
nel pungente freddo di un inverno
che non vuole lasciarci.
Sotto i rami degli alberi,
timidamente rinverditi, piccole chiome
sparute e timorose. La natura
tutto intorno continua a sonnecchiare,
all'improvviso lo squittio di uno scoiattolo
alzo lo sguardo e incontro la sua gioia,
sale e scende dall'albero vivace e allegro,
gli occhietti svelti, intelligenti, il
magnifico pelosetto, della foresta.
Ma uno strano fruscio dietro le mie spalle
mi fece voltare subito, e lo spettacolo
è stato incantenvole, lasciandomi senza parole.
un'elegante capriolo con il suo cucciolo!
Gli occhi obliqui e dolci, fermi su una radura verde
mangiavano l'erbetta fresca primaverile,
apparizione tenera che penetra nell'animo
e forma un quadro splendente in
quell'angolo di mondo, nella luce fredda del giorno,
a un passo dal cielo minaccioso.

DANIELA CESTA

segnalata da DANIELA CESTA giovedì 15 aprile 2021

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categoria: Poesie

Il Regalo di Natale (poesia in rima schiaffeggiata)

Pensavo per Natale di farti un bel regalo,
ma mi rodeva il dubbio se consegnarlo a mano,
se fartelo portare da un messaggero alato,
o fartelo trovare vicino a un bel gelato.

Ero proprio indeciso sul mezzo che avrei scelto,
però volevo fartelo: di questo ne ero certo.
Non ero neanche certo sul tipo di regalo,
e pensa e ripensa son rimasto sul vago.

Qualcosa per Natale ti voglio regalare,
non resta a questo punto che andartelo a
comperare.
potrei comprar dell'oro ma ci vuol troppo denaro,
ma se non regalo niente poi passo per avaro.

Al fine ho deciso di rispettare l'uso
che fa di dolci vari un vero e proprio abuso.
Sarebbe bella cosa, vista l'occasione,
che io ti regalassi un grande panettone.

Col cuore sollevato al fine l'ho comprato,
e poi tutto contento a casa son tornato.
Il guaio è cominciato leggendo l'etichetta,
che m'ha fatto venire problemi di coscienza.

Elenca grassi saturi,calorie e conservanti,
e tra le cose persino coloranti.
Che cosa mai dannosa ti stò per regalare,
e penso, questa roba, potrebbe farti male.

Infine impietosito dalle gravi conseguenze,
che avrebbe provocato il mio insano gesto,
pensando all'amicizia mi son sacrificato
e tutto il panettone a malincuor mi son mangiato.

Adesso son daccapo che cosa ti regalo?
regali e poi regali, che usanze sono queste?
Ti faccio tanti auguri per queste Sante Feste!

Luciano Vargiu - tratto da ROBYMILLELUCI

segnalata da ROBYMILLELUCI martedì 30 dicembre 2003

stelline voti: 5; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

LI VECCHIARIEDDI

LI VECCHIARIEDDI

Li vecchiarieddi vuardano luntano.
A li vuerre, a la famma, a li stiendi,a
lu surore re la fronta pe’ affà esse
‘na vrancata re raurinio ra’ int’à la terra,
certi vvoti avara, certi vvoti pure matregna.
Vuardano a li figli crisciuti
‘ntiempi re’ vuerra cum’a li puorci
magnanno la farina re li gliandi,
li mmeli ancora acevere
ca cariano ‘nterra ra l’arbero
‘nzecculluto annanzi a lu purtone re la casa.
S’allicordano ca’ puri quanno murìa
‘na jaddina vicchiaredda
ca’ nun servìa mango a fare l’ ova la matina,
era ‘na festa pe’ tutta la casa.
Ardia lu’ ffuoco rint’à lu’ fucone
e se mettìa a volle pe’ tutta la jurnata.
La sera se facia festa.
‘Nu tuozzo re pane niuro,
‘nzuppato rint’à la vrora caura,
nu’ pezzettudo re carni tuosto cum’à na preta
e iddo ca’ se rusucava, chianu chiano,
cu’ chiri quatto rienti trumulianti,
li pieri arrappuliati re la jaddina.
Lu vecchiarieddo vuardava li niputi,
assettati a circhio annanzi a lu’ fucone,
aizava ll’uocchi a lu suffitto affummuchiati
e po’ ringrazziava a Dio!

Catello Nastro

TRADUZIONE
(dal dialetto cilentano)

I vecchi guardano lontano. Ricordano le guerre, la fame, gli stenti, il sudore della fronte per cavare dal terreno, certe volte avaro, certe volte addirittura malvagio, una manciata di granoturco. Guardano i figli cresciuti in tempo di guerra mangiando pane fatto con la farina con aggiunta di ghiande macinate, come i maiali, e le mele ancora acerbe cadute prematuramente da un albero poco produttivo davanti casa. Ricordano che quando moriva una gallina vecchia, che non serviva nemmeno a fare le uova ogni giorno, era gran festa. Si attizzava il fuoco nel camino, si poneva la carne con le ossa e le frattaglie in un paiolo di rame stagnato e si metteva a bollire per tutta la giornata. La sera era gran festa. Un tozzo di pane nero inzuppato nel brodo e qualche pezzo di carne duro come una pietra. Al nonni toccavano le zampe della gallina, la testa, il collo e le parti meno prelibate. Le parti migliori venivano date ai bambini. Il vecchietto guardava i nipoti che crescevano, alzava gli occhi al soffitto pieno di fumo e poi ringraziava Iddio.

Catello Nastro - tratto da POESIE CILENTANE

segnalata da Catello Nastro lunedì 30 marzo 2009

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categoria: Aforismi » stati d`animo

RACCONTO SERALE DI UN GIORNO DI SETTEMBRE

bello il tramonto di settembre
il ruscello mormora con dolcezza
gli uccelli sono silenziosi
le ultime farfalle estive
si nascondono al freddo,
il freddo arriva al tramonto
abbraccia monti e boschi
insieme all'oscurità
il crepitio del fuoco risuona per le case
e il profumo di legna bruciata
aleggia per i vicoli vuoti.
L'uva è quasi matura e anche quest'anno
diventerà un ottimo vino rosso!
pere e mele pesano sui rami degli alberi
gli orsi scendono dai monti per mangiare
questa frutta che a loro piace molto,
i corgnoli sono di coloro rosso nero,
carichi di vitamina C, diventeranno
un ottimo sciroppo o liquore,
gli alberi di noci sono carichi
io sono golosa di noci fresche
sono cresciuta mangiando questi frutti!
Anche i grappoli di more, sono tante e saporite!
Faremo della ottimo marmellata,
è tornata anche la buona cicoria dei campi
cotta con olio e aglio è super!
le foglie hanno iniziato a ingiallire
ma lentamente, il caldo afoso non c'è piu
possiamo camminare bene nei campi
e nei sentieri delle foreste, l'aria pulita
abbraccia i polmoni e il cuore,
entra energia nel corpo e nella mente!
ohoo! L'autunno è così bello
perchè rimpiangere l'estate?

daniela cesta

segnalata da daniela cesta martedì 17 settembre 2013

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categoria: Poesie

Idiosincrasie

Idiosincrasie

Oh l'invidia,
taipan che serpeggia
tra le pieghe
dell'animo umano,
è come un'acida cacofonia
che si insinua nelle orecchie del bilioso celato
dal falso buonismo
avvolgendolo gradualmente
in un gorgo di amarezza
e desideri ostili
verso le sue idiosincrasie!
Miasma del suo essere
che come un fiume in piena
superba surclassa
la sua serenità interiore!
È come un feroce leone
che divora le gioie
e progressi altrui,
lasciando solo
un amaro retrogusto
di insoddisfazioni e rancori
rendendolo arso
di stille di sintonie d'affetto
a renderlo sensibile umano,
e come una procella
che scuote
le fondamenta dell'anima
lasciando solo
frammenti di affanni
in malcontenti.
È come un oscuro abisso
che inghiotte
la luce della gratitudine
nelle sue viscere
rendendo l'invidioso prigioniero
di una tetra gelosia,
che lo mangia dall'interno
consapevole di essere
l'unica consumata vittima.

©Laura Lapietra

Laura Lapietra

segnalata da Laura Lapietra giovedì 13 luglio 2023

stelline voti: 13; popolarità: 3; 0 commenti

categoria: Poesie

Una storia che non esiste

La notte passò come tutte le altre la pelle era pallida e lo sguardo nascosto
in un lutto futuro di immagini scalze
rinchiuse in un fremito di metà agosto.
Grida un lamento e l'inchiostro s'intinge
sulle sue unghie che stridono ancora,
il buio è più chiaro del suo umore migliore,
la morte che vive e la vita che muore.
Non chiudere gli occhi fata silente,
non chiudere gli occhi la vita non mente.
La morte promette e non conosce bugia
ti presta la vita e te la porta via.
Un'altra mattina di luce tagliente
le illumina il volto e glie lo attraversa,
il destino sorride e beve i suoi sorsi
ed incide nel ventre una faccia perversa.
Come tutti i giorni viveva da sola
e accanto a lei non c'era nessuno
avrebbe venduto la sua vita intera
in cambio di un'unica e nuda parola.
Passavano i giorni e le notti veloci
e lei non mangiava e si consumava
e la sua bellezza non era capace
di bere due gocce di dolce rugiada.
Ormai scompariva il sorriso dal volto
perchè non aveva nemmeno un motivo
di dire mi son divertita molto
perchè in ogni istante le voglie le vivo.
Cadevano lacrime come cristalli
nel pozzo profondo di un mondo malvagio
un cane randagio che nella sua strada
non ha mai trovato sorelle o fratelli.
Per tutto quel tempo lei non era sola
ma c'era qualcuno che le stava accanto,
qualcuno che non si faceva scoprire
perchè aspettava il giusto momento.
Faceva il mestiere di chi sa aspettare
aspettando nel buio e attraverso le porte
guardava negli occhi la donna che amava
e alla quale avrebbe dato la morte.
Non è eutanasia ma è solo destino
quando hai il mestiere di dare la morte
e poi t'innamori della tua preda
prima di assecondarne la sorte.
Questa è la storia d'amore più triste
questa è una storia che non esiste
ma se esistesse sarebbe un dolore
perchè è la morte che vive
e l'amore che muore.

Alessandro Cercignani

segnalata da Alessandro martedì 22 ottobre 2002

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categoria: Poesie

LU UATTO RE LA CASA RE CAMPAGNA

poesia in dialetto cilentano
con traduzione ad sensum
LU UATTO RE LA CASA RE CAMPAGNA

Cittu cittu, chiano chiano,
rint’à la casa re lu vualano
e re tutta la ggente re la campagna,
s’accuglia ‘nu uatto cumm’a
uno re casa, o megghio ancora,
nu’ cristiano ca facìa lu’ guardiano.

E iddo uatto uatto, chianu chianu,
arreta a la cascia re lu’ ggrano assettato
aspettava ca’ int’à ‘nu pertuso,
ascìa ‘nu soricio rignuso
ca’ ra tre jiuoinu nun magnava.

Iddo avia fari rint’à la cascia
chianu chianu ‘nu’ pertuso,
ra parte re ‘ngoppa,
sott’a lu cupierchio,
ca si lu facìa ra sotti,
scennia ra vascio
tutto lu’ grano supierchio.

Ma lu sorice ‘ntilligente e furbo,
ch’era nato ra na mamma zoccula,
nunn’avia privista la presenza astuta
re nu’ uatto maimone ca’ già spìava
le sue latrocinie ‘ntinzioni.

Cu’ la zampa re ‘nnanti
lu sorecio agguanta,
lu puverieddo trema
ma iddo già frema,
è chiara assale la sua ‘ntinzione
ch’adda fare calazzione.

Lu sorecio chiangìa.
ma lu uatto nun se ne futtìa,
picchè si lu’ Patrone trovava la cascia rusecata,
iddo, lu uatto, acchiappao ‘na cauciata,
e picché allora nun ‘ngera su sindacato,
putìa esse pure licenziato.

Tomo tomo, uattu uatto,
arape la vocca all’intrasatta,
e mentre lu puverieddo
le vole fa’ cangià ‘ntinzione,
lu uatto già s’è magnato
ddoje cosse, lu fegato e lu purmone.

E che n’ha fatti re li ‘ntistini?
Se le magna rimani a matini:
chesto lu’ fface in tutta fretta
picchè a chiri tiempi
nun ‘ngera ancora la scatuletta…

Catello Nastro

TRADUZIONE

Facendo il restauro di antiche casse di castagno, il legno caratteristico del Cilento, molto duro e resistente, almeno nell’ottanta per cento dei casi, nel bordo superiore, sotto il coperchio, trovavo un buco quasi circolare di cinque o sei centimetri che portava ai bordi i segni dei denti aguzzi del terribile roditore.
In un precedente argomento abbiamo parlato anche del cane. Oggi sono diventati animali da compagnia e mangiano scatolette di carne confezionate e fabbricate apposta per loro ed in vendita oramai i n tutti i supermercati. Allora erano animali da guardia ed il cibo se lo dovevano guadagnare. Gli avanzi di cucina sfamavano anche loro. Il gatto allora, difendeva la casa dai topi. Non esistevano pesticidi e l’unico rimedio, nelle case di campagna, per combattere i roditori erano i gatti, astuti e furbi che li aggredivano silenziosamente e poi li divoravano. L’altro giorno ho visto un gatto scappare alla vista di un topolino. I tempi sono cambiati. La civiltà dei consumi ha cambiato l’uomo, ma anche alcuni animali…
ne "ad sensum"

Catello Nastro - tratto da POESIE CILENTANE

segnalata da Catello Nastro domenica 27 marzo 2011


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