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Illusione

Regina di Ítaca:

I gabbiani che mi portano i tuoi messaggi mi parlano che sono il tuo Ulisse. Io
ho guardato nello specchio del mare e l'immagine che vedo è quella del vecchio
marino di sempre. Né più alto, né più basso, né più bello, né più brutto...
ma sì più vecchio e più necessitato di avere qualcuno che, al meno, guardi con interesse
quello che porta nella sua barca.

No, non sono l'Ulisse di nessuno. Amo troppo l'Egeo, questo vecchio nemico,
come per arrampicarmi ad un trono e dirigere i destini di un paese.

Ovviamente, non sono tanto cieco come per volere affrontare questa vita in
solitario, ma non voglio trascinare nessuno a questo mare. No. Voglio, se arriva
il giorno in cui debba averla, una moglie con cui condividere tutto: nostre
allegrie e pene, i nostri pianti e risate, senza vedere come i nostri capelli
diventano bianchi o che la nostra pelle è piena di rughe, perché nostri
occhi vedrano oltre a quelle cose tanto insignificanti.

Immagino a mia futura moglie aspettandomi, nei pomeriggi di estate, seduta
in una piccola scogliera vicina a casa nostra o mi immagino a me stesso,
cucinando, mentre lei fa il modesto bilancio del giorno o
guardandola passeggiare per la spiaggia, mentre io rammendo le vele di nostra
barca.

Ma quello è lasciare passo ai sonni, cosa che non devo permettermi, perché
le sirene possono vedere nei sogni dei marinai, convertendoli in deliri di grandezza, per molto modesti che quelli sogni siano.

Penelope, dolce Penelope, mi dicono i gabbiani che desideri vedere miei
merci. Il mio cuore si è riempito di godimento e non vedo ormai l'ora di
presentare davanti a te i miei poveri possessi. Da quando ricevei il messaggio dei
gabbiani, appena smetto di rivederli e brillantare i metalli. Il bronzo sembra oro e lo stagno, argento. Nella mia capanna, alla quale seguo ostinato in chiamare casa, ho disposto i miei migliori paramenti, che non passano di essere vecchie e ricucite tuniche di marinaio. Spero, per quando ci vediamo, avere potuto
consegnare i tuoi messaggi in tutte le isole di questa parte del mare. So che quello
attese di me ed io mi spero di non fallirti.

Regina di Ítaca, torno a confidare questo messaggio ai delfini affinché li
portino con sollecitudine alle tue mani.

segnalata da Jasmine mercoledì 22 ottobre 2003

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A ELENA

19 anni fa dopo ke sei nata è cominciato a piovere, erano gli angeli che piangevano xkè avevano perso la stella più bella del cielo, fortunatamente ti ho trovata e tu hai scelto me come tuo compagno! Auguri patatina mia! Ti amo tanto mia personale stellina! Buon compleanno cucciotta mia

Fede - tratto da la mia mente

segnalata da Fede mercoledì 22 ottobre 2003

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Ti penso

Ti penso:
Ti penso così tanto che ogni volta che passa nella mia mente una frase
la devo scrivere su un foglio, su un qualsiasi pezzo di carta passatomi sotto mano perché ho paura di perderla, di dimenticarmi appena ti sento di dirtela…
Ti penso così tanto che l’altra sera mi hai fatto dimenticare la caffettiera sul fuoco e dopo mezz’ora l’ho trovata squagliata!!! (Oh aveva tre anni!)…
Ti penso così tanto che il primo pensiero al mattino e l’ultimo prima di addormentarmi la sera è sempre per te…
Ti penso così tanto che sarei capace di pagare qualsiasi prezzo pur di avere le ali e trovarmi lì da te…
Ti penso così tanto che ieri da quand’è arrivato un mio amico che non vedevo da sei mesi non ho fatto altro di raccontargli quanto sei magnifica…
Ti penso così tanto che mi trovo alle tre di notte con quattro ore di sonno a scriverti questo, non perché sono obbligato, ma comunque mi sento il dovere di farlo per farti capire che
“io ci sono”…
Ti penso così tanto che sarei disposto ad andare a comprare anche in capo al mondo lo smeraldo più bello, affiancarlo al tuo viso e dirti:
“Hai visto!, te l’ho sempre detto: i tuoi occhi sono più belli!”…

Oh Dio…mi chiedo…ma cosa mi hai fatto?!?!?!

Non capisco più niente!

Sarà possibile tutto questo?!?!

La risposta è sempre una sola:
Sì…

Vasco - tratto da Pensieri nella notte

segnalata da Vasco mercoledì 22 ottobre 2003

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Lettera alla mia Regina

Regina di Ítaca:

Il mare è diventato ombroso ed i delfini piangono consegnandomi il tuo messaggio. Le tavole con le quali sta fatta la mia barca si affliggono perché molte di esse furono alberi che crebbero in Ítaca e si rattristano al sapere che soffri. Cerco e cerco tra le mie mercanzie qualcosa: un unguento di Persia, un giocattolo di Siriana o alcune di quelle inezie che fanno in Tartessos e che fanno che una persona, almeno per un momento, allegro il viso ed i suoi occhi non siano opachi come la ceramica di Esparta.

Forse quello che io porto nella mia barca non serva per chiudere le tue ferite, perché neanche sono riusciti a chiudere le mie. Nel passato io non avevo una barca, ma era capitano di un snello e magnifico trireme, con cui conquistai lontane isole e mi sottomisi alle sue regine, trasformandomi nel suo amante e, quasi sempre, nel suo schiavo. Scoprii tardi chissà che essere schiavo è non essere niente e recuperai la libertà mille volte per tornare a perderla altre due mille. Per quel motivo mi disfai di quella galera ed acquisii questa piccola barca, perché non mi vendo oramai a me stesso, bensì lo poco che ci sta in questo piccolo guscio. Sono povero, sì, ma liberi di offrire i miei dolciumi a chi ami vederli, non importa dove, perché presto o tardi il vento mi farà arrivare nel suo porto.

Afrodite non è oramai la mia guida, né Eros il mio consigliere. Ora è Atenea chi guida i miei pensieri ed il mio codice è quello della mare: Non lasciare mai a nessuno alla deriva, per molto nemico che sia della tua patria in terra. Oggi oramai non ho nemici, perché a nessuno gli interessa rubare quello che vendo. Dicono i miei amici, alcuni di loro penso che sono sirene mascherate, che domani non mi rimarrà niente per pagare a Caronte perché i miei prezzi sono di saldo, ma io so che quello che ricevo in cambio di miei pochi possessi è quanto basta come per tornare a riempire la barca e torare di nuovo al mare, cercando nuovi porti dove bandire le mie merci.

Le sirene ridono in lontananza. Sanno che mi è arrivato la bottiglia col tuo messaggio e si apprestano a raddoppiare i suoi cantici. Credono che pretenda di essere Ulisse... Che cantino con tutte le sue forze, perché ho smesso di credere in loro. Le ho sentite tante volte che il suo cantico ogni giorno si assomiglia di più al rumore delle onde o delle vele riempite per il vento.

Un'altra volta torno a mettere la bottiglia in mani dei delfini affinché la portino di nuovo alle spiagge di Ítaca. Loro ti diranno come mi sento triste per non poter alleviare la tua sofferenza, Penelope.

La mare è la mia patria; confida di nuovo la bottiglia ai delfini o da' il messaggio ai gabbiani. Loro conoscono le mie vele e sapranno trovarmi presto...

Jasmine - tratto da Tristezza

segnalata da Jasmine martedì 21 ottobre 2003

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Giudicanti

Siamo tutti giudici su questa terra,
un tribunale a porte aperte,
pronti ad emettere sentenze...
A voi che giudicate,
a voi che sentenziate,
la vita non vi ha insegnato,
che non esiste un mondo di perfetti?
A voi che vi illudete di vivere questo mondo,
fermatevi un momento,
e rivolgetevi alla vostra mente
su ciò che state dicendo...
Oh chissà preferite che sia cosi
per non turbare la vostra esistenza...

Margherita

segnalata da margherita martedì 21 ottobre 2003

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