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categoria: Poesie

Giorni randagi

Si rincorrono
lungo la strada.
Mi annusano, mi ringhiano
mi girano intorno,
mi lasciano solo
sotto la pioggia.
Scodinzolano, mi leccano
mi accompagnano verso sera.
Queste stagioni
questi miei giorni;
randagi per vocazione
dannati senza ragione

Michele Gentile

segnalata da Sara martedì 10 novembre 2020

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categoria: Poesie

Capirai...

CAPIRAI…

Capirai, un giorno non lontano,
la sofferenza fisica e morale,
i quiz che la vita ti propone
ed ai quali non sai dar risposta.

Capirai come si può osservare un fiore,
al mattino, nell’orto, appena alzato,
e godere del suo profumo e dei colori,
nell’armonia della natura ormai esplodente.

Capirai come si può amare un cane,
anche randagio, che scodinzola,
per acchiappare un’anonima carezza,
in un mondo indifferente e senza fede.

Capirai il sole che si alza la mattina,
per maturare le spighe di grano già dorato,
nei rigogliosi campi coltivati
per produrre il più umile degli alimenti.

Il pane…

Catello Nastro

segnalata da Catello Nastro domenica 13 novembre 2011

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categoria: Poesie

Vecchio Mulino

Vecchio Mulino.... non macini più il frumento.
Tu del Piordo il paladino, eri difensore del lavoro dei campi,
ora i pesci del fiume non solleticano più le tue stanche mura.
Il Bue non si rifocilla più al tuo cospetto dopo il duro lavoro del giorno,
ne il gregge s'avvicina dopo il pascolo ad abbeverarsi ai tuoi piedi,
nemmeno il randagio cane si inchina a bere al tuo capezzale.
Sei stato abbandonato dall'uomo e dal suo ingegno...
egli ormai ha dimenticato quanto fosti utile un dì,
le macine giacciono a terra, mostrano la resa di chi ti costruì.
Del santo l'effige carpita e la porta sventrata,
Immobile ascolti il sussulto del fiume malato
che in piena trasporta sacchi di plastica e rami secchi
e il liquame del satollo patrizio romano.
Tu che di notte non hai più pace e profanato assisti al sacrilegio infame
dell'essere falso e maligno che deturpa il tuo cuore
e si abbandona a riti oscuri
e scrive svastiche sui Muri.
E tu antico Piordo.... Padre del Veientano Ager,
perché non susciti dell'antico elmo Marziano
eroe Etrusco che voglia riscattarti ?
Io lo spero... e prego... sulle spoglie di quel luogo sacro,
invoco ancora: Vecchio Mulino... dacci ancora il nostro pane... quotidiano.

Vulca - tratto da il mulino abbandonato sul Piordo

segnalata da Vulca domenica 31 luglio 2005

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categoria: Poesie

Io e… le mie idee (Ballata d’un moderno)


Questa sera mi scopro… sono sempre lo stesso!
E mi spiace vedere, che è tanto oramai,
che nulla si rinnova in me, fuorché il dolore,
di vivere… come un randagio dell'amore,
come un mendico del successo,
come un fallimento d'uomo,
che non riesce a trovare sé stesso.

Ma in queste ombre smarrite d'esistenza
ci scorre pure una vena di speranza,
la quale, sai, è l'ultima a morire!
E so che qui ci posso trovare il mio riscatto:
la gioia di vivere e rischiare… per qualcosa che vale,
che io possa amare con tutto me stesso.

Sì, perché dalla mia vita
io ci voglio ancora un pò di Sole,
prima che la sera cali,
fra i rossi bagliori d’un tramonto,
a seppellire il corpo consumato e stanco.

Vorrei allora... che la Natura insuperbisse
al ricordo di quello che le ho dato,
e che stendesse, per un breve istante,
un grande velo azzurro su tutte le tristezze.

Poi vorrei che un pianto... sulla Terra si levasse,
dolce e tranquillo, per andar lontano,
ma come un canto di vittoria,
a dire a tutti che anch'io ci sono stato.

E così… mi lascerei andare,
fra le sue braccia di Madre,
con la gioia di tornare
a quei Misteri dell'Universo mai disvelati,
alle bellezze della Notte Stellata,
e a tutte le altre Meraviglie,
che il mio cuore ha immaginato,
durante il sogno… della calda Estate.

FernyMax

segnalata da FernyMax martedì 22 ottobre 2002

stelline voti: 5; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Finché Non Dorme

Dove ho preso questo mio dolore?
Corro ma mi sta sempre al fianco

Squarciami, svuotami*
ci sono cose dentro che urlano e strillano
e il dolore mi odia ancora, finchè non dorme

Come una maledizione, come un animale randagio
tu lo nutri una volta e adesso è sempre qui, adesso è sempre qui

Squarciami, ma fai attenzione,
ci sono cose dentro che sono senza cura
e sono ancora sporco, lavami finchè sarò pulito

ti prende, così trattienimi
ti macchia, trattienimi
ti odia, trattienimi
trattienimi, trattienimi, trattienimi finchè non dorme
finchè non dorme
finchè non dorme

Dimmi perchè mi hai scelto
non voglio che mi prendi, non voglio la tua avidità
non la voglio

Mi squarcerò per farti andar via
non può più ferire nessuno
e la paura ancora mi sconvolge
trattienimi finchè non dorme

ti prende, così trattienimi
ti macchia, trattienimi
ti odia, trattienimi
trattienimi, trattienimi, trattienimi finchè non dorme
finchè non dorme
finchè non dorme

Non voglio
Non voglio, voglio, voglio, voglio, voglio, no

Squarciami, ma fai attenzione,
ci sono cose dentro che sono senza cura
e sono ancora sporco, lavami finchè sarò pulito

mi squarcerò per farti andar via
non farai del male alla gente ancora per molto
e l'odio ancora mi forma
trattienimi finchè non dorme
finchè non dorme
finchè non dorme
finchè non dorme

Metallica

segnalata da Vassago martedì 10 giugno 2008

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categoria: poesie

ricordi di infanzia

da bambina io toglievo le mie scarpe
odiavo le scarpe e le gettavo nei torrenti
oppure le nascondevo tra i cespugli
o nel mezzo dei campi di grano,
mettevo i miei piedi nell'acqua
nel torrente ghiacciato di primavera
inseguita da un cane randagio e
da un gatto spelacchiato,
con loro varcavo i confini
della mia immaginazione,
il ruscello diveniva un oceano
dove noi scoprivamo nuovi mondi,
gli alberi sorridevano
e io ascoltavo la loro gioia,
catturavo i grilli e osservavo incuriosita
la loro bocca, nella speranza
di sentire il loro canto,
inseguivo cavallette e lucertole
con il cane che abbaiava vivace,
avevo un carrellino per poggiare
le piccole pietre che trovavo e
portavo a casa.
Una volta mia madre trovò una biscia
nel suo portafoglio
io l'avevo poggiata la dentro e
io dimenticai di she...
oh me misera!
l'urlo di mia madre fece eco per tutto il rione.
Correvo nei prati, facevo capriole,
salivo dirupi e scivolavo tra i sassi e terra,
quando penso a questo
io credo che, il mio angelo custode
abbia faticato molto
per proteggere me.

daniela cesta

segnalata da Daniela cesta lunedì 19 novembre 2012

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categoria: Poesie

Una storia che non esiste

La notte passò come tutte le altre la pelle era pallida e lo sguardo nascosto
in un lutto futuro di immagini scalze
rinchiuse in un fremito di metà agosto.
Grida un lamento e l'inchiostro s'intinge
sulle sue unghie che stridono ancora,
il buio è più chiaro del suo umore migliore,
la morte che vive e la vita che muore.
Non chiudere gli occhi fata silente,
non chiudere gli occhi la vita non mente.
La morte promette e non conosce bugia
ti presta la vita e te la porta via.
Un'altra mattina di luce tagliente
le illumina il volto e glie lo attraversa,
il destino sorride e beve i suoi sorsi
ed incide nel ventre una faccia perversa.
Come tutti i giorni viveva da sola
e accanto a lei non c'era nessuno
avrebbe venduto la sua vita intera
in cambio di un'unica e nuda parola.
Passavano i giorni e le notti veloci
e lei non mangiava e si consumava
e la sua bellezza non era capace
di bere due gocce di dolce rugiada.
Ormai scompariva il sorriso dal volto
perchè non aveva nemmeno un motivo
di dire mi son divertita molto
perchè in ogni istante le voglie le vivo.
Cadevano lacrime come cristalli
nel pozzo profondo di un mondo malvagio
un cane randagio che nella sua strada
non ha mai trovato sorelle o fratelli.
Per tutto quel tempo lei non era sola
ma c'era qualcuno che le stava accanto,
qualcuno che non si faceva scoprire
perchè aspettava il giusto momento.
Faceva il mestiere di chi sa aspettare
aspettando nel buio e attraverso le porte
guardava negli occhi la donna che amava
e alla quale avrebbe dato la morte.
Non è eutanasia ma è solo destino
quando hai il mestiere di dare la morte
e poi t'innamori della tua preda
prima di assecondarne la sorte.
Questa è la storia d'amore più triste
questa è una storia che non esiste
ma se esistesse sarebbe un dolore
perchè è la morte che vive
e l'amore che muore.

Alessandro Cercignani

segnalata da Alessandro martedì 22 ottobre 2002


 


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