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categoria: Poesie

Pensieri di Deola


Deola passa il mattino seduta al caffè
e nessuno la guarda. A quest'ora in città corron tutti
sotto il sole ancor fresco dell'alba. Non cerca nessuno
neanche Deola, ma fuma pacata e respira il mattino.
Fin che è stata in pensione, ha dovuto dormire a quest'ora
per rifarsi le forze: la stuoia sul letto
la sporcavano con le scarpacce soldati e operai,
i clienti che fiaccan la schiena. Ma, sole, è diverso:
si può fare un lavoro più fine, con poca fatica.
Il signore di ieri, svegliandola presto,
l'ha baciata e condotta (mi fermerei, cara,
a Torino con te, se potessi) con sè alla stazione
a augurargli huon viaggio.

E' intontita ma fresca stavolta,
e le piace esser libera, Deola, e bere il suo latte
e mangiare brioches. Stamattina è una mezza signora
e, se guarda i passanti, fa solo per non annoiarsi.
A quesr'ora in pensione si dorme e c'è puzzo di chiuso
- la padrona va a spasso - è da stupide stare lì dentro.
Per girare la sera i locali, ci vuole presenza
e in pensione, a trent'anni, quel po' che ne resta, si è perso.

Deola siede mostrando il profilo a uno specchio
e si guarda nel fresco del vetro. Un po' pallida in faccia:
non è il fumo che stagni. Corruga le ciglia.
Ci vorrebbe la voglia che aveva Marì, per durare
in pensione (perché, cara donna, gli uomini
vengon qui per cavarsi capricci che non glieli toglie
nè la moglie nè l'innamorata) e Marì lavorava
instancabile, piena di brio e godeva salute.
I passanti davanti al caffè non distraggono Deola
che lavora soltanto la sera, con lente conquiste
nella musica del suo locale. Gettando le occhiate
a un cliente o cercandogli il piede, le piaccion le orchestre
che la fanno parere un'attrice alla scena d'amore
con un giovane ricco. Le basta un cliente
ogni sera e ha da vivere. (Forse il signore di ieri
mi portava davvero con sè). Stare sola, se vuole,
al mattino, e sedere al caffè. Non cercare nessuno.

Cesare Pavese

stelline voti: 22; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Natale

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Giuseppe Ungaretti

stelline voti: 18; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Quasi un madrigale


Il girasole piega a occidente
e già precipita il giorno nel suo
occhio in rovina e l'aria dell'estate
s'addensa e già curva le foglie e il fumo
dei cantieri. S'allontana con scorrere
secco di nubi e stridere di fulmini
quest'ultimo gioco del cielo. Ancora,
e da anni, cara, ci ferma il mutarsi
degli alberi stretti dentro la cerchia
dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno
e sempre quel sole che se ne va
con il filo del suo raggio affettuoso.

Non ho più ricordi, non voglio ricordare;
la memoria risale dalla morte,
la vita è senza fine. Ogni giorno
è nostro. Uno si fermerà per sempre,
e tu con me, quando ci sembri tardi.
Qui sull'argine del canale, i piedi
in altalena, come di fanciulli,
guardiamo l'acqua, i primi rami dentro
il suo colore verde che s'oscura.
E l'uomo che in silenzio s'avvicina
non nasconde un coltello fra le mani,
ma un fiore di geranio.

Salvatore Quasimodo

stelline voti: 23; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

La catasta dei ruderi arancione


La catasta dei ruderi arancione
che la notte con il fresco colore
del tartaro infanga, dei bastioni
di leggera pomice, erborei,
monta nel cielo: e più vuote
sotto, le Terme di Caracalla al bruciore
della luna spalancano l'immoto
bruno dei prati senza erbe, dei pesti
rovi: tutto svapora e si fa fioco
tra colonnati di caravaggesca polvere,
e ventagli di magnesio,
che il cerchietto della luna campestre
scolpisce in fumate iridescenti.
Da quel grande cielo, ombre grevi,
scendono i clienti, soldati pugliesi
o lombardi, o giovincelli di Trastevere,
isolati, a bande, e nel basso piazzale
sostano dove le donne, arse e lievi
come stracci scossi dall'aria serale,
rosseggiano, urlando - quale bambina
sordida, quale innocente vecchia, e quale
madre: e in cuore alla città che vicina
preme con raschi di tram e groppi
di luci, aizzano, nella loro Caina,
i calzoni duri di polvere che si spingono,
capricicosi, agli sprezzanti galoppi
sopra rifiuti e livide rugiade.

Pier Paolo Pasolini - tratto da La religione del mio tempo

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categoria: Poesie

Lamento per il sud


La luna rossa, il vento, il tuo colore
di donna del Nord, la distesa di neve...
Il mio cuore è ormai su queste praterie,
in queste acque annuvolate dalle nebbie.
Ho dimenticato il mare, la grave
conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
le cantilene dei carri lungo le strade
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
nell'aria dei verdi altipiani
per le terre e i fiumi della Lombardia.
Ma l'uomo grida dovunque la sorte d'una patria.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
Oh, il Sud è stanco di trascinare morti
in riva alle paludi di malaria,
è stanco di solitudine, stanco di catene,
è stanco nella sua bocca
delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l'eco dei suoi pozzi,
che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
mangiano fiori d'acacia lungo le piste
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
E questa sera carica d'inverno
è ancora nostra, e qui ripeto a te
il mio assurdo contrappunto
di dolcezze e di furori,
un lamento d'amore senza amore.

Salvatore Quasimodo

stelline voti: 24; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Arsenio

I turbini sollevano la polvere
sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi
deserti, ove i cavalli incappucciati
annusano la terra, fermi innanzi
ai vetri luccicanti degli alberghi.
Sul corso, in faccia al mare, tu discendi
in questo giorno
or piovorno ora acceso, in cui par scatti
a sconvolgerne l'ore
uguali, strette in trama, un ritornello
di castagnette.
E' il segno d'un'altra orbita: tu seguilo.
Discendi all'orizzonte che sovrasta
una tromba di piombo, alta sui gorghi,
più d'essi vagabonda: salso nembo
vorticante, soffiato dal ribelle
elemento alle nubi; fa che il passo
su la ghiaia ti scricchioli e t'inciampi
il viluppo dell'alghe: quell'istante
è forse, molto atteso, che ti scampi
dal finire il tuo viaggio, anello d'una
catena, immoto andare, oh troppo noto
delirio, Arsenio, d'immobilità...
Ascolta tra i palmizi il getto tremulo
dei violini, spento quando rotola
il tuono con un fremer di lamiera
percossa; la tempesta è dolce quando
sgorga bianca la stella di Canicola
nel cielo azzurro e lunge par la sera
ch'è prossima: se il fulmine la incide
dirama come un albero prezioso
entro la luce che s'arrosa: e il timpano
degli tzigani è il rombo silenzioso
Discendi in mezzo al buio che precipita
e muta il mezzogiorno in una notte
di globi accesi, dondolanti a riva, -
e fuori, dove un'ombra sola tiene
mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita
l'acetilene -
finché goccia trepido
il cielo, fuma il suolo che t'abbevera,
tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono
le tende molli, un fruscio immenso rade
la terra, giù s'afflosciano stridendo
le lanterne di carta sulle strade.
Così sperso tra i vimini e le stuoie
grondanti, giunco tu che le radici
con sé trascina, viscide, non mai
svelte, tremi di vita e ti protendi
a un vuoto risonante di lamenti
soffocati, la tesa ti ringhiotte
dell'onda antica che ti volge; e ancora
tutto che ti riprende, strada portico
mura specchi ti figge in una sola
ghiacciata moltitudine di morti,
e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell'ora che si scioglie, il cenno d'una
vita strozzata per te sorta, e il vento
la porta con la cenere degli astri.

Eugenio Montale

stelline voti: 16; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Fumatori di carta


Mi ha condotto a sentir la sua banda. Si siede in un angolo
e imbocca il clarino. Comincia un baccano d'inferno.
Fuori, un vento furioso e gli schiaffi, tra i lampi,
della pioggia fan si che la luce vien tolta,
ogni cinque minuti. Nel buio, le facce
danno dentro stravolte, a suonare a memoria
un ballabile. Energico, il povero amico
tiene tutti, dal fondo. E il clarino si torce,
rompe il chiasso sonoro, s'inoltra, si sfoga
come un'anima sola, in un secco silenzio.

Questi poveri ottoni son troppo sovente ammaccati:
contadine le mani che stringono i tasti,
e le fronti, caparbie, che guardano appena da terra.
Miserabile sangue fiaccato, estenuato
dalle troppe fatiche, si sente muggire
nelle note e l'amico li guida a fatica,
lui che ha mani indurite a picchiare una mazza,
a menare una pialla, a strapparsi la vita.

Li ebbe un tempo i compagni e non ha che trent'anni.
Fu di quelli di dopo la guerra, cresciuti alla fame.
Venne anch'egli a Torino, cercando una vita,
e trovò le ingiustizie. Imparò a lavorare
nelle fabbriche senza un sorriso. Imparò a misurare
sulla propria fatica la fame degli altri,
e trovò dappertutto ingiustizie. Tentò darsi pace
camminando, assonnato, le vie interminabili
nella notte, ma vide soltanto a migliaia i lampioni
lucidissimi, su iniquità: donne rauche, ubriachi,
traballanti fantocci sperduti. Era giunto a Torino
un inverno, tra lampi di fabbriche e scone di fumo;
e sapeva cos'era lavoro. Accettava il lavoro
come un duro destino dell'uomo. Ma tutti gli uomini
lo accertassero e al mondo ci fosse giustizia.
Ma si fece i compagni. Soffriva le lunghe parole
e dovette ascoltarne, aspettando la fine.
Se li fece i compagni. Ogni casa ne aveva famiglie.
La città ne era tutta accerchiata. E la faccia del mondo
ne era tutta coperta. Sentivano in sè
tanta disperazione da vincere il mondo.

Suona secco stasera, malgrado la banda
che ha istruito a uno a uno. Non bada al frastuono
della pioggia e alla luce. La faccia severa
fissa attenta un dolore, mordendo il clarino.
Gli ho veduto questi occhi una sera, che soli,
col fratello, più triste di lui di dieci anni,
vegliavamo a una luce mancante. Ii fratello studiava
su un inutile tornio costruito da lui.
E il mio povero amico accusava il destino
che li tiene inchiodati alla pialla e alla mazza
a nutrire due vecchi, non chiesti.

D'un tratto gridò
che non era il destino se il mondo soffriva,
se la luce del sole strappava bestemmie:
era l'uomo, colpevole. Almeno potercene andare,
far la libera fame, rispondere no
a una vita che adopera amore e pietà,
la famiglia, il pezzetto di terra, a legarci le mani.

Cesare Pavese

stelline voti: 6; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Ambarabà.....

Ambarabaciccicocò, è la conta che farò per capire se fumare è poi peggio di ammazzare... non capiranno mai, per loro fumare rimane reato, qualcosa di impuro, tremendo peccato...
non smetteranno mai, ti han sempre fermato, ti fermeran spesso, se stupri o se fumi per loro è lo stesso!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!VOGLIAMO LA LEGALZATION!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

segnalata da chester -sil- 90 giovedì 15 aprile 2004

stelline voti: 6; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Come il mare tempestoso il mio cuore vacillava e la mia mente soffocava.Guardandomi intorno non vedevo niente di bello e armonioso,ma solo un fumo grigio che si aggirava nelle mie vicinanze...ma in realtà fuori era una bellissima giornata nella quale splendeva il sole

segnalata da ada mercoledì 14 marzo 2012

stelline voti: 1; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: poesie

Fumando si arriva sempre li
giu le inibizioni lasciamo parlare il cuore

Domenico Margiotta

segnalata da Domenico Margiotta sabato 27 settembre 2008

stelline voti: 2; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

E Tutto Quanto il Resto...

Ho sempre desiderato
essere come quei scrittori
quei vecchi poeti
che tutta la notte
tutte le notti
scrivono...

Davanti alla loro macchina da scrivere.

Fumando sigarette
e bevendo alcolici
scrivono...
tutta la notte e fumano…
e scrivono poesie meravigliose
racconti o romanzi appassionanti
tutta la notte.... tutte le notti.

Io di norma, la notte…mi vien sonno e dormo

E non ce la faccio
a fare come quei poeti che dicevo
però adesso son le quattro
e io son qui davanti al mio pc...
e fumo
e scrivo
e bevo…un succo d'arancia, che va bene lo stesso...

E che questa notte
non ci riesco a dormire ti ho in testa...
e mi sono alzato dal letto
e mi son seduto in cucina…
e c'è il frigo che ronza
e c'è il rubinetto che sgocciola

E poi...e poi sogno...ad occhi aperti...

Sogno che nel letto
nell'altra stanza
ci sia tu...che dormi
ti sei addormentata da poco
fino a poco fa ci sussurravamo
parole d'amore…

E io, è questo il bello di questa poesia

Io...
tra poco
potrò tornare nel letto che dicevo
e ti immagino sempre li
e probabilmente ci riabbracceremo
e io mi addormenterò
e tutto ciò...
se ci si pensa bene

Tutto ciò è meravigliosamente...pazzesco!!

Scrivere una poesia
di notte...
e il frigo
e il rubinetto
e tu...nel mio letto...
e tutto quanto il resto...
del mio sognare...
anche se sono desto.

Vallant Langosco

segnalata da Vallant giovedì 14 gennaio 2010

stelline voti: 3; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: poesie

lunghi silenzi

lunghi silenzi suonano melodie al cuore
nello sguardo
pieno di vertigini
fioche immagini di fumo
mi fanno compagnia.

giancarlo

segnalata da rossys lunedì 11 dicembre 2006

stelline voti: 4; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Passione

la fiamma arde fin che il tizzon si brucia

ma poi si spegne fioca sulla brace,

caldo tepor in evanescente fumo,

vivo color lucente in buio,

l'allegro crepitar, ora,

in triste silenzio tace.

vulca - tratto da vecchie poesie

segnalata da vulca giovedì 23 agosto 2007

stelline voti: 9; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: poesie

Si prega di chiudere la porta, grazie

Si prega di chiudere la porta,
grazie:
non vorremmo vedere i
nostri
sogni fuggire, svanire
le nostre certezze,
contaminate da fattori
esterni,
indegni.
Si prega di non gettare oggetti dal finestrino,
non vorremmo inquinare
l’altrui
quiete, il pensiero
dell’altro,
diverso, lascio la porta
aperta
piuttosto.
Nel locale è severamente vietato fumare,
annebbiare con prepotenza,
inquinare con strafottenza
la libertà di chi
ci è accanto, non ascoltando,
ignorando,
coperti da una coltre di
fumo nero,
denso.
Basta, sono stufo di
curarmi di chiunque, dei
suoi
diritti acquisiti,
chissà perché, poi, più importanti dei miei.
Ho deciso, me ne infischio,
d’ora innanzi solo io
esisto,
nessun altro,
non cercatemi neanche, non ci sono
che per
Dio,
ed una volta usciti
si prega di chiudere la porta,
grazie!

Vincenzo

segnalata da Faro venerdì 14 settembre 2007

stelline voti: 1; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Fumatori (Tanka)

Un po' storditi
allegria nel borgo
sguardi sognanti.
Sui tavoli bicchieri
e fumo di tabacco.

Angela randisi

segnalata da Angela Randisi domenica 29 maggio 2016

stelline voti: 18; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Felicità è sconfiggere le tue paure e cambiare la sorte
quando nel brillare il crepuscolo grigio
(s)fuma più vicino al f(i)ato
dal suo elettrico blue
e poi..

giù sino al nero.

Grazia 10.5.10

Grazia Tamagno

segnalata da grazia giovedì 27 settembre 2012

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categoria: Poesie

Primavera non bussa
lei entrasicura
come il fumo lei penetra in
ogni fessura
ha le labbra di carne i capelli
di grano
che paura , che voglia che ti
prenda per mano
che paura , che voglia che ti
porti lontano.

Fabrizio De Andrè (io sn F:M:L. colei che l'ha voluta scrivere)

segnalata da F:M:L. mercoledì 7 marzo 2012

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categoria: poesie

Momenti

Mi perdo nei sapori perduti
sfiorando passati indimenticati
Nessuna sorpresa
Nessuna attesa
Solo anelli di fumo
che ardono una brace mai spenta.
Scompare l’ansia
senza sapore
ricamando preziosi maglie
sul telaio

Giulia Gabbia

segnalata da Giulia Gabbia venerdì 8 novembre 2013

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categoria: Poesie

DCINTILLA IL SOLE DI AUTUNNO

scintilla leggero, il sole d'autunno
lieve tocco, sulle foglie ingiallite
piccolo bacio, dal cielo del mattino

un altro giorno, di gioia lieta
nella domenica, del Signore
tra l'odore umido, e malinconico

sulle montagne ingiallite, dalla stagione
e il fumo dei comignoli
che aggrovigliato, raggiunge il cielo

e il freddo silenzio, avvolge ogni cosa
nell'amore, di questo tempo che passa
nella bellezza interiore, di ognuno di noi.

daniela cesta

segnalata da daniela cesta domenica 12 ottobre 2014

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categoria: Poesie

Pioggia scarlatta

PI

Quanta acqua è caduta stanotte
A spegnere il dolore che non passa in fretta
Quanta acqua è caduta dagli occhi di chi ha visto le sue mani tingersi di
Sangue innocente
Quanta acqua è caduta
tra i brandelli di carne
Quanta acqua è caduta
Sulle dense nubi di fumo che si innalzano verso il cielo.
Quanta acqua cadrà
Sui demoni e sulla loro sete di potere
L'acqua continuarà a cadere
ma non cancellerà l'orrore della guerra.

Giulia Gabbia

segnalata da Giulia Gabbia martedì 8 marzo 2022


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