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categoria: Poesie

Furtiva mano di un fantasma occulto


Furtiva mano di un fantasma occulto
fra le pieghe del buio e del torpore
mi scuote, e io mi sveglio, ma nel cuore
notturno non trovo gesto o volto.

Un antico terrore, che insepolto
porto nel petto, come da un trono
scende sopra di me senza perdono,
mi fa suo servo senza cenno o insulto.

E sento la mia vita di repente
legata con un filo di Incosciente
a ignota mano diretta nell’ignoto.

Sento che niente sono, se non l’ombra
Di un volto imperscrutabile nell’ombra:
e per assenza esisto, come il vuoto.

Fernando Pessoa

stelline voti: 16; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Fumatori di carta


Mi ha condotto a sentir la sua banda. Si siede in un angolo
e imbocca il clarino. Comincia un baccano d'inferno.
Fuori, un vento furioso e gli schiaffi, tra i lampi,
della pioggia fan si che la luce vien tolta,
ogni cinque minuti. Nel buio, le facce
danno dentro stravolte, a suonare a memoria
un ballabile. Energico, il povero amico
tiene tutti, dal fondo. E il clarino si torce,
rompe il chiasso sonoro, s'inoltra, si sfoga
come un'anima sola, in un secco silenzio.

Questi poveri ottoni son troppo sovente ammaccati:
contadine le mani che stringono i tasti,
e le fronti, caparbie, che guardano appena da terra.
Miserabile sangue fiaccato, estenuato
dalle troppe fatiche, si sente muggire
nelle note e l'amico li guida a fatica,
lui che ha mani indurite a picchiare una mazza,
a menare una pialla, a strapparsi la vita.

Li ebbe un tempo i compagni e non ha che trent'anni.
Fu di quelli di dopo la guerra, cresciuti alla fame.
Venne anch'egli a Torino, cercando una vita,
e trovò le ingiustizie. Imparò a lavorare
nelle fabbriche senza un sorriso. Imparò a misurare
sulla propria fatica la fame degli altri,
e trovò dappertutto ingiustizie. Tentò darsi pace
camminando, assonnato, le vie interminabili
nella notte, ma vide soltanto a migliaia i lampioni
lucidissimi, su iniquità: donne rauche, ubriachi,
traballanti fantocci sperduti. Era giunto a Torino
un inverno, tra lampi di fabbriche e scone di fumo;
e sapeva cos'era lavoro. Accettava il lavoro
come un duro destino dell'uomo. Ma tutti gli uomini
lo accertassero e al mondo ci fosse giustizia.
Ma si fece i compagni. Soffriva le lunghe parole
e dovette ascoltarne, aspettando la fine.
Se li fece i compagni. Ogni casa ne aveva famiglie.
La città ne era tutta accerchiata. E la faccia del mondo
ne era tutta coperta. Sentivano in sè
tanta disperazione da vincere il mondo.

Suona secco stasera, malgrado la banda
che ha istruito a uno a uno. Non bada al frastuono
della pioggia e alla luce. La faccia severa
fissa attenta un dolore, mordendo il clarino.
Gli ho veduto questi occhi una sera, che soli,
col fratello, più triste di lui di dieci anni,
vegliavamo a una luce mancante. Ii fratello studiava
su un inutile tornio costruito da lui.
E il mio povero amico accusava il destino
che li tiene inchiodati alla pialla e alla mazza
a nutrire due vecchi, non chiesti.

D'un tratto gridò
che non era il destino se il mondo soffriva,
se la luce del sole strappava bestemmie:
era l'uomo, colpevole. Almeno potercene andare,
far la libera fame, rispondere no
a una vita che adopera amore e pietà,
la famiglia, il pezzetto di terra, a legarci le mani.

Cesare Pavese

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categoria: Poesie

Il carnevale di Gerti


Se la ruota si impiglia nel groviglio
delle stesse filanti ed il cavallo
s'impenna tra la calca , se ti nevica
fra i capelli e le mani un lungo brivido
d'iridi trascorrenti o alzano i bambini
le flebili ocarine che salutano
il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano
giù dal ponte sul fiume
se si sfolla la strada e ti conduce
in un mondo soffiato entro una tremula
bolla d'aria e di luce dove il sole
saluta la tua grazia-hai ritrovato
forse la strada che tentò un istante
il piombo fuso a mezzanotte quando
finì l'anno tranquillo senza spari.

Ed ora vuoi sostare dove un filtro
fa spogli i suoni
e ne deriva i sorridenti ed acri
fumi che ti compongono il domani;
ora chiedi il paese dove gli onagri
mordano quadri di zucchero dalle tue mani
e i tozzi alberi spuntino germogli
miracolosi al becco dei pavoni.

(Oh , il tuo carnevale sarà più triste
stanotte anche del mio , chiusa fra i doni
tu per gli assenti:carri dalle tinte
di rosolio , fantocci ed archibugi,
palle di gomma , arnesi da cucina
lillipuziani:l'urna li segnava
a ognuno dei lontani amici l'ora
che il gennaio si schiuse e nel silenzio
si compì il sortilegio.E' carnevale
o il dicembre s'indugia ancora?Penso
che se muovi la lancetta al piccolo
orologio che rechi al polso , tutto
arretrerà dentro un disfatto prisma
babelico di forme e di colori...)

E il natale verrà e il giorno dell'anno
che sfolla le caserme e ti riporta
gli amici spersi e questo carnevale
pur esso tornerà che ora ci sfugge
tra i muri che si fendono già.Chiedi
tu di fermare il tempo sul paese
che attorno si dilata?Le grandi ali
screziate ti sfiorano , le logge
sospingono all'aperto esili bambole
bionde , vive , le pale dei mulini
rotano fisse sulle pozze garrule.
Chiedi di trattenere le campane
d'argento sopra il borgo e il suono rauco
delle colombe?Chiedi tu i mattini
trepidi delle tue prode lontane?

Come tutto si fa strano e difficile
come tutto è impossibile , tu dici.
La tua vita è quaggiù dove rimbombano
le ruote dei carriaggi senza posa
e nulla torna se non forse
in questi disguidi del possibile.
Ritorna là fra i morti balocchi
ove è negato pur morire;e col tempo che ti batte
al polso e all'esistenza ti ridona,
tra le mura pesanti che non s'aprono
al gorgo degli umani affaticato,
torna alla via dove con te intristisco
quella che mi additò un piombo raggelato
alle mie , alle tue sere:
torna alle primavere che non fioriscono.

Eugenio Montale

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categoria: Poesie

Lavorare stanca

I due, stesi sull'erba, vestiti, si guardano in faccia
tra gli steli sottili: la donna gli morde i capelli
e poi morde nell'erba. Sorride scomposta, tra l'erba.
L'uomo afferra la mano sottile e la morde
e s'addossa col corpo. La donna gli rotola via.
Mezza l'erba del prato è così scompigliata.
La ragazza, seduta, s'aggiusta i capelli
e non guarda il compagno, occhi aperti, disteso.

Tutti e due, a un tavolino, si guardano in faccia
nella sera, e i passanti non cessano mai.
Ogni tanto un colore più gaio li distrae.
Ogni tanto lui pensa all'inutile giorno
di riposo, trascorso a inseguire costei,
che è felice di stargli vicina e guardarlo negli occhi.
Se le tocca col piede la gamba, sa bene
che si danno a vicenda uno sguardo sorpreso
e un sorriso, e la donna è felice. Altre donne che passano
non lo guardano in faccia, ma almeno si spogliano
con un uomo stanotte. O che forse ogni donna
ama solo chi perde il suo tempo per nulla.

Tutto il giorno si sono inseguiti e la donna è ancor rossa
alle guance, dal sole. Nel cuore ha per lui gratitudine.
Lei ricorda un baciozzo rabbioso scambiato in un bosco,
interrotto a un rumore di passi, e che ancora la brucia.
Stringe a sè il mazzo verde - raccolto sul sasso
di una grotta - di bel capevenere e volge al compagno
un'occhiata struggente. Lui fissa il groviglio
degli steli nericci tra il verde tremante
e ripensa alla voglia di un altro groviglio,
presentito nel grembo dell'abito chiaro,
che la donna gli ignora. Nemmeno la furia
non gli vale, perché la ragazza, che lo ama, riduce
ogni assalto in un bacio c gli prende le mani.

Ma stanotte, lasciatala, sa dove andrà:
tornerà a casa rotto di schiena e intontito,
ma assaporerà almeno nel corpo saziato
la dolcezza del sonno sul letto deserto.
Solamente, e quest'è la vendetta, s'immaginerà
che quel corpo di donna, che avrà come suo, sia,
senza pudori, in libidine, quello di lei.

Cesare Pavese

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categoria: Poesie

Veglia

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

Giuseppe Ungaretti

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categoria: Poesie

Esortazione


nel distendere dietro la nuca una parete di
metallo
nell'appoggiare le mani sopra una parete che
non c'e'
come si propongono azioni di fronte a un
pubblico [pagato da altri
alzatevi e intingetevi l'indice
voltatevi e indicate l'uscita

osservando sollevando tutte le tende di seta
staccando distendendo le dita sopra questa
parete
come si strangolano animali in una stanza
gremita

alzatevi e dite di toccarvi
subito e in fretta
subito saltate via

Antonio Porta - tratto da Cara

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categoria: Poesie

Ritratto della mia bambina

La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell’estiva vesticciola: "Babbo
-mi disse voglio uscire oggi con te"
Ed io pensavo: Di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.

Umberto Saba

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categoria: Poesie

Er leone riconoscente

Ner deserto dell' Africa, un Leone
che j' era entrato un ago drento ar piede,
chiamò un Tenente pe' l' operazzione.
- Bravo! - je disse doppo - lo t' aringrazzio:
vedrai che sarò riconoscente
d' avemme libberato da ' sto strazio;
qual' é er pensiere tuo? d' esse promosso?
Embè, s' io posso te darò ' na mano... -
E in quella notte istessa
mantenne la promessa
più mejo d' un cristiano;
ritornò dar Tenente e disse: - Amico,
la promozzione é certa, e te lo dico
perché me so' magnato er Capitano.

Trilussa

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categoria: Poesie

Io ardo" dissi e la risposta invano


"Io ardo" dissi, e la risposta invano,
come 'l gioco chiedea, lasso, cercai;
onde tutto quel giorno e l'altro andai
qual uom, ch'e' fatto per gran doglia insano.

Poi che s'avide, ch'io potea lontano
esser da quel penser, più pia che mai
ver me volgendo de' begli occhi i rai,
mi porse ignuda la sua bella mano.

Fredda era più che neve; ne' 'n quel punto
scorsi il mio mal , tal di dolcezza velo
m'avea dinanzi ordito il mio desire.

Or ben mi trovo a duro passo giunto,
che', s'i' non erro, in quella guisa dire
volle Madonna a me, com'era un gelo.

Pietro Bembo

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categoria: Poesie

Colore di pioggia e di ferro


Dicevi:morte, silenzio, solitudine;
come amore, vita. Parole
delle nostre provvisorie immagini.
E il vento s'è levato leggero ogni mattina
e il tempo colore di pioggia e di ferro
è passato sulle pietre,
sul nostro chiuso ronzio di maledetti.
Ancora la verità è lontana.
E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
e tu dalle mani grosse di sangue,
come risponderò a quelli che domandano?
Ora, ora: prima che altro silenzio
entri negli occhi, prima che altro vento
salga e altra ruggine fiorisca.

Salvatore Quasimodo

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categoria: Poesie

La pioggia nel pineto

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, treme, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontane,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione

Gabriele D'Annunzio

stelline voti: 17; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: Poesie

Pianto Antico

L'albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
dà bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
tu fior della mia pianta
percossa e inaridita,
tu dell'inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.

Giosuè Carducci

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categoria: Poesie

Mano nella mano

Due anime vaganti
incontrate per caso
ognuna complementare all'altra
Scoprendosi indispensabili a vicenda
formano un solo corpo
un solo destino
Spesso ostacolato
dalle brusche onde
della vita malvagia
Costretto sempre a subire
l'egoismo dei poteri abusati
l'indifferenza del mondo infame
Ogni lacrima una liberazione
ogni sorriso un trionfo
e ogni anno vissuto una conquista
Ma mano nella mano
si guarda avanti
sperando nel futuro migliore
Condividendo ogni piccola gioia
ogni presente maledetto
e ogni futuro incerto
Ecco davanti un altro traguardo
un altro anno che se ne va
e mano nella mano si festeggia!

Blessing Sunday Osuchukwu - tratto da http://blessingsundayosuchukwu.blogspot.com

segnalata da Blessing Sunday Osuchukwu sabato 6 dicembre 2008

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categoria: Poesie

Mano nella mano

Mano nella mano, insieme, con la vita davanti a noi. E mentre mi raccontavate
dei miei capricci da bambino i miei pensieri volavano a quei momenti di vita
spensierata, dove tutto era innocente ai miei occhi e il mondo esterno veniva
celato alla mia purezza. Ma il mio mondo eravate voi dove io volavo fra le
tue braccia e tu m'innalzavi al cielo con un rituale gesto antico e mi guardavi
con l'orgoglio e la gioia d'un padre, mentre lei ci osservava con un'espressione
di commozione e felicità negli occhi di donna e madre.
Adesso percorro da solo la vita, ma so che voi siete sempre accanto a me come allora,
insieme...mano nella mano

vincenzo corsaro

segnalata da vincenzo corsaro giovedì 17 maggio 2012

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categoria: poesie

mani scorrete lievi...mani di donne amate...

segnalata da loris lunedì 29 settembre 2014

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categoria: Poesie

La mano del Nord

Di solitudine affranta stagione,
tra affannate e affogate salite
mi lasciai su un giaciglio di foglie
come me le vedevo, appassite.

Di rossi e prepotenti tuoni
fui io preda e predatore.
E poi scalciando contro il vuoto,
facevo a pezzi il mio cuor sognatore.

Giunse Regina dei Ghiacci,
di gelide, dure mani, e lisce
un leggero schiocco di palpebre
e come Medusa, di pietra colpisce

i miei occhi, le vene, le membra
le budella pietrifica avara;
fece me come frutta straniera
di fuori piacevole, di dentro amara.

"Finiscimi adesso" , un grido sgozzato
ma ormai le mani già mi teneva
aveva spento così tanta fiamma
che Dea Scintilla con me si arrendeva.

segnalata da luizao1987 martedì 2 dicembre 2014

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categoria: poesie

la mia mano

la mia mano sente,
nell'ombra della notte,
nel tremore del freddo,
sotto il sole cocente,
nell'anima ansante,
chi sei tu che
stringi la mia mano?
io sento il tuo calore
io sento la tua dolcezza,
io sento il tuo amore,
la tua mano evanescente
stringe me,
con forza,
mentre tra le lacrime,
io mi aggrappo
a quella mano.

daniela cesta

segnalata da Daniela cesta domenica 24 giugno 2012

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categoria: Poesie

penna tra le mani

io non so il perchè
Dio ha messo tra le mie dita
una penna...
tra rime fantasiose io vivo
nel profondo blu del cielo
dove l'orizzonte è one con il mare,
nello scivolare leggero
della goccia di rugiada
sul filo d'erba,
come una farfalla solitaria,
svolazzo tra prati fioriti
allegra e incoscente,
mentre l'aquila raggiunge
il suo nido piu impervio
di una montagna selvaggia,
e il lupo attraversa la foresta
scrutando il cielo con
occhi profondi,
e le grandi onde oceaniche
rotolano con fragore verso
caldi lidi solitari,
e nel silenzio della notte
ascolto il mio cuore che batte,
sono così viva!

daniela cesta

segnalata da Daniela cesta mercoledì 17 ottobre 2012

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categoria: poesie

Prendi la mia mano

Prendi la mia mano,
anima persa nel buio della tua esistenza,
cammina insieme a me,
il futuro ti attende.
In ogni angolo della terra,
tu puoi rinascere.
Non ci sono barriere nel mondo,
che possono ostacolare
la tua voglia di vivere.
Il mondo è di tutti,
e tutti appartengono a lui.
Siamo essere diversi,
ma tutti uniti
da una infinita
voglia di amare.

Tiziana Cesta

segnalata da Tiziana Cesta lunedì 19 novembre 2012

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categoria: Poesie

Incontro di due mani

Incontro di due mani
in cerca di stelle,
nella notte!
Con che pressione immensa
si sentono le purezze immortali!
Dolci, quelle che dimenticano
la loro ricerca senza sosta,
e incontrano, un istante,
nel loro circolo chiuso,
quel che cercavano da sole.
Rassegnazione d'amore,
tanto infinita come l'impossibile!

J.R.Jimenez

segnalata da fanny lunedì 23 gennaio 2006


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